Soltanto tre certezze

  

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  • E perché mai? Mi pare uno strano modo di far beneficenza!
  • Per la festa della donna! …Ah, auguri a te che sei donna!

Passi la festa della mamma, quella del papà, quella della Nutella e dei pancakes, quella del gatto dagli occhi verdi e del koala arrampicatore di alberi. 
Passino i pensieri delle persone che su Facebook condividono la foto della loro mamma, della loro donna, della loro nonna dicendo di amarla: non sarò certo io a fermarle. Ma non i post in cui spacciano questo giorno per una festa. 

Festa di cosa? Festa di chi? 

Cosa festeggiamo e, soprattutto, chi festeggiamo? 

La risposta è la donna. Le donne. 

Ma, chiaramente, non proprio tutte. 

Togli quelle immigrate perché fuggite, quelle lesbiche perché contro natura, quelle con i capelli tinti di fucsia e con la ricrescita glitterata perché folli, quelle che hanno più plastica in corpo che in un negozio di giocattoli perché loro non hanno accettato l’irreversibile corso della vita. 

Togli le donne che scelgono di procreare e donare poi il figlio ad altre persone, togli poi le donne nate così e disgraziatamente affidate a coppie omosessuali. 

Togli le donne che non sono nate donne ma che lo sono diventate, e per farlo hanno sofferto, combattuto e ancora sofferto. 

Togli quelle che vanno via di casa e sposano un lavoro invece di pensare a metter su famiglia, perché così si comporta un uomo, e non si può essere uomo essendo donna. 

Togli anche Maria de Filippi perché 1) ha sposato una tartaruga e 2) è più uomo di me.

A questo punto io ho perso il conto, ma il mondo ancora no. Perché poi arriva, ogni anno, l’8 marzo ed io entro su Facebook e la mia bacheca pullula di gente che invia auguri come fosse Natale, citando frasi di Shakespeare senza neppure sospettare della misoginia presente nelle parole scelte e urlando a gran voce più diritti per tutti, “anche per le donne”. Allora “festeggiamole perché lo meritano”. Meritano di essere festeggiate. 

Peccato che poi vengano pagate meno degli uomini pur facendo – ormai – lo stesso identico lavoro, da cui vengono comodamente licenziate perché intraprendono una gravidanza. Perché sì, se una donna decide di non avere figli è un’incosciente, mentre se decide di averne deve accettare il rischio di essere licenziata per la sua scelta, scelta che si legge scelta-imposizione-natura-miracolo-disgrazia a seconda dei casi e dei gusti. E nel 2016 ancora rischia di morire di parto. 

Ma tanto ci sono le quote rosa, per cui abbiamo diritto ad un parcheggio anch’esso rosa e ad alcune miserabili percentuali che ci consentono di essere presenti. Perché sì, abbiamo bisogno di percentuali da imporre agli uomini affinché questi si convincano di avere bisogno di noi non solo in cucina. 

Così, nel 2016, ancora dobbiamo temere di essere in pericolo se indossiamo un paio di calzoncini invece di un burqa semplicemente perché gli uomini si sono sempre sentiti in diritto di utilizzarci come oggetti. E noi, donne, sempre in dovere di soddisfare ogni loro esigenza. (Che poi…che esigenza è? Chiamarlo disturbo-perverso-folle-ingiustificato era troppo lungo?)
Ma tanto poi ogni anno, l’8 marzo – comunemente definita festa, ma in realtà Giornata internazionale della donna – si ricordano improvvisamente tutti di festeggiarci, regalando mimose o connessione dati gratuita come fa Vodafone con la sua gentile offerta.
Ed io, fieramente donna e non per questo femminista, ho solo tre certezze in questo giorno. 

Che tanto le mimose stanno meglio sugli alberi.

Che tanto io sono cliente Wind.

Che tanto, secondo i miei calcoli, non sono neppure tra le donne che voi festeggiate.

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